Le parole dell’ambasciatore degli Stati Uniti che, parlando del referendum costituzionale, ha detto che: «La vittoria del sì sarebbe una speranza per l’Italia, mentre se vincesse il no sarebbe un passo indietro» hanno suscitato clamore prossimo all’indignazione.
Con questa frase John Phillips non ha fatto altro che ribadire quanto scritto nelle scorse settimane dal Wall Street Journal, rendendo ulteriormente chiaro come, all’estero, il progetto di riforma costituzionale è visto come un modo per spostare, in maniera definitiva, il baricentro della politica italiana dal Parlamento al Governo.
A dire il vero, stupisce che questo auspicio venga dagli Stati Uniti, dal momento che il sistema istituzionale statunitense non permette al capo dell’esecutivo (il Presidente) d’imporre la propria volontà sul Congresso. Come sa bene chi segue House of Cards, non sono infatti rare le situazioni in cui delle riforme che stanno a cuore al Presidente vengono bloccate dal Congresso che, d’altro canto, non ha alcun modo per imporre la propria volontà su quella presidenziale.
Il passo avanti che viene chiesto all’Italia sembra invece quello di modificare il proprio sistema istituzionale all’insegna della governabilità: fare in modo che le decisioni del governo diventino legge nel più breve tempo possibile.
Sotto questo profilo l’auspicio dell’ambasciatore sembra andare però nella direzione sbagliata. Non è tanto dall’esito del referendum costituzionale che dipende la governabilità, ma dalla legge elettorale. Fino a quando la tenuta del governo dipende da una coalizione instabile non c’è infatti molta differenza se il voto di fiducia viene espresso solo dalla Camera o anche dal Senato. Allo stesso modo, una maggioranza poco coesa potrebbe rendere impossibile l’approvazione di una legge anche se fosse necessario il voto della sola Camera, e non più anche quello del Senato.
Superare il bicameralismo non significa superare i problemi legati alla governabilità. A ben vedere, sotto il profilo della governabilità, l’applicazione dell’Italicum sembra più importante della riforma costituzionale (Phillips dovrebbe semmai preoccuparsi delle aperture di Renzi in merito alla modifica della legge elettorale).
Peccato che l’Italicum non si possa applicare a Costituzione invariata: la nuova legge elettorale non prevede infatti l’elezione del Senato. Sembra pertanto ragionevole l’ipotesi di rinviare la discussione sul sistema di voto a dopo l’esito del referendum, come pare intenzionata a fare la stessa Corte costituzionale .
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