La Teoria del Grillo

Capitolo Zero

Punk-philosophie. In questo modo, data la passione germanica per le parole complesse, un tedesco poCopertina Teoria del Grillotrebbe definire il libro che inizia qui. È senz’altro un lavoro di Filosofia politica, ma anche un lavoro fatto con spirito Punk. Come i ragazzi inglesi che sul finire degli anni ’70 sentirono l’urgenza d’imbracciare una chitarra – e andare sul palco senza prima imparare a suonarla – facendo storcere il naso a più di un critico musicale, allo stesso modo posso dire di aver sentito l’urgenza di scrivere queste pagine senza preoccuparmi troppo del rigore scientifico, ma con l’unico intento di dare un contributo a questi tempi di crisi (nella speranza di non contribuire ad aggravarla).

Si dice che la crisi sia economica, e che le difficoltà della politica dipendano da quelle dei settori produttivi, non più in grado di assicurare allo Stato abba- stanza risorse perché funzioni a dovere. Personalmente sono convinto del contrario, ossia che la crisi di questi anni sia essenzialmente politica e che dall’incapacità di regolare la società derivino le difficoltà del settore economico.

Credo pertanto che a una crisi politica si debba rispondere facendo politica: per fare politica, bisogna prima parlarne. Da qui l’urgenza di scrivere queste pagine, per dire innanzitutto che la politica non si deve confondere con l’amministrazione delle risorse pubbliche: parlare di politica significa parlare di democrazia, non di spese e bilanci.

Al momento esistono principalmente due concetti di democrazia: quella rappresentativa, che ha funzionato in passato e sembra non funzionare oggi; e quella diretta, che finora non è mai stata sperimentata, per cui ancora non si sa se potrà mai funzionare in futuro.

Quando Beppe Grillo traccia una netta linea di demarcazione fra il suo MoVimento e gli altri soggetti politici intende dire che il MoVimento è un soggetto che propone un modello rivolto al futuro, mentre gli altri difendono un sistema ormai superato: per questo, a suo parere, non sono altro che Zombie, dei morti viventi.

Per quanto sia difficile immaginare un futuro all’insegna della democrazia diretta, essa rappresenta pur sempre un ideale: descrivere modelli ideali generando nelle persone il desiderio di raggiungerli resta il compito principale della politica. Anche per questo, chi “funziona” nelle piazze (compresa quella televisiva e quella virtuale) avrà sempre più successo di chi pretende di governare sottraendosi al contatto con le altre persone.

La promessa di un incerto futuro democratico non basta a spiegare il successo elettorale del MoVimento 5 Stelle. Sotto questo profilo è forse più importante un altro elemento: la sua capacità di farsi interprete dello spirito più profondo della Costituzione repubblicana e di denunciarne il tradimento da parte di chi gestisce il potere politico-finanziario.

Per questo motivo il libro è diviso in due parti. Nella prima si parla di Costituzione, cercando di trattare entrambi i significati che questa parola assume nell’ambito del discorso politico. Si partirà dalle teorie che spiegano la costituzione dello Stato – di come esso nasce e cosa deve fare per mantenersi in vita – in particolare di quelle elaborate da Hobbes, Locke e Rousseau: filosofi che pensano la società partendo dal l’individuo, e immaginano una società ideale tenendo sempre presente quella in cui vivono.

L’approdo è la Costituzione italiana, cercando d’illustrare il significato della sua formula d’apertura: quella Repubblica fondata sul lavoro che per alcuni non significa niente, per altri significa soltanto rafforzare le tutele dei lavoratori dipendenti, mentre sembra corretto intenderla come la formula che dice che lo Stato nasce dal lavoro ed esiste per difendere questo valore fondamentale.

In questa parte vengono riportati numerosi post del blog di Beppe Grillo: da lì sembra possibile dimostrare che il MoVimento, pur se in maniera implicita e forse inconsapevole, è l’unico soggetto politico ad aver inquadrato la questione in questo modo, nonché l’unico a seguire lo schema tracciato a metà Settecento da Jean-Jacques Rousseau. Per lui una società nata su principi di uguaglianza viene corrotta e portata al disfacimento da chi, al suo interno, gestisce il potere politico.

A questo problema, da cui nasce il desiderio di Rivoluzione, è dedicata la seconda parte del lavoro: lì si affronta il tema di chi esercita concretamente il potere all’interno dello Stato e delle teorie che gli consentono di farlo in maniera legittima. In questa parte si affrontano anche temi legati all’attualità del MoVimento, e al rapporto fra i suoi principi e quelli che si possono leggere nell’opera di Rousseau che continua a rappresentare la principale fonte d’ispirazione per i sostenitori della democrazia diretta: Il contratto sociale.

Si affrontano così numerosi argomenti, quali il ruolo della Rete nel processo di formazione della Volontà generale, la funzione di garanzia affidata alla figura del Capo politico del MoVimento, la gestione del dissenso interno, l’insofferenza verso i vincoli alla sovranità popolare. Il tentativo è di elaborare una teoria che, pur partendo da quella di Rousseau, presenta alcuni elementi originali tratti dall’esperienza del MoVimento. Per questo ho scelto di chiamarla “La Teoria del Grillo”.