Secondo Aldo Cazzullo i referendum sono diventati una trappola per le élite. Adottando il punto di vista delle classi illuminate, dopo una serie di esempi l’editorialista del Corriere conclude in questo modo: “Basta leggere il sondaggio di Nando Pagnoncelli per il Corriere: nel merito il sì prevale nettamente, punto per punto, dal Senato al Cnel al titolo V; ma quando si tratta di dare un’indicazione netta, l’istinto popolare tende a orientarsi sul no. La campagna è ancora lunga, gli indecisi sono troppi per fare previsioni serie; ma la vittoria del sì, che non molto tempo fa appariva quasi scontata, si trova a dover rimontare la corrente della storia”.
Traduzione per i meno illuminati: come al solito il popolo non è in grado di scegliere perché non capisce i suoi interessi, bisogna essere più bravi a spiegare che se si vuole cambiare il Senato bisogna votare Sì e via dicendo.
Di “stupidità popolare” si è parlato parecchio ai tempi della Brexit. Anche in quel caso la scelta del popolo inglese è stata giudicata autolesionista, ed è un vero peccato che l’economia britannica continui ad andar bene, costringendo i commentatori di allora a rimontare la corrente della storia.
Sembra però possibile una lettura alternativa del sondaggio di Nando Pagnoncelli, i cui risultati si possono considerare l’ennesimo esempio di come spesso la “saggezza popolare” riesca a cogliere l’essenza delle cose senza farsi ingannare dalle parole.
Dichiararsi a favore della riforma di un singolo punto, ma contrari alla riforma nel suo complesso significa infatti sostenere una terza posizione: quella di chi vuole cambiare la costituzione ma non nel modo previsto dalla riforma sottoposta a referendum.
Sembra infatti questa la posizione maggioritaria nel Paese. Una posizione in cui si possono riconoscere tutti coloro che auspicano un cambiamento: mettendo così insieme quelli soddisfatti dall’attuale riforma e quelli che ne avrebbero preferito un’altra (lasciando in minoranza coloro che invece si oppongono a qualsiasi cambiamento).
Si dirà che senza un testo preciso questa voglia di cambiamento è destinata a restare lettera morta e che, di conseguenza, il vero merito della riforma sarà quello di portare finalmente a una modifica attesa troppo a lungo, perché una cattiva riforma è meglio di nessuna riforma (per la dirla alla Cacciari).
Sull’idea che cambiare in peggio sia preferibile al restare fermi si potrebbe aprire un dibattito filosofico, ma al popolo la filosofia interessa poco. Potrebbe però interessare rispondere a questa domanda: volete eleggere un’assemblea costituente per cambiare in meglio la costituzione?
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