Scalfari sbaglia canzone

“Nei giorni del prossimo novembre vorrei cantare la marsigliese”. Con queste parole Eugenio Scalfari esprime il suo dissenso nei confronti dell’evoluzione costituzionale auspicata dal governo Renzi. Secondo lui: “Il barone di Montesquieu che scrisse L’esprit des lois sarebbe soddisfatto della divisione dei poteri assicurata da questo tipo di situazione. Ovviamente non lo sarebbero affatto quei patrioti che votarono nel 1789 la nuova Carta costituzionale e inventarono la Marsigliese”.

Il ragionamento del fondatore di Repubblica non sembra però corretto. Montesquieu era un ammiratore del sistema di governo britannico, nel quale l’azione dello stato dipende dalla collaborazione di tre poteri: esecutivo (ai tempi di Montesquieu il re e la sua corte), legislativo (un parlamento bicamerale) e giudiziario (una magistratura di fatto indipendente).

Con l’evoluzione della democrazia parlamentare si è affermato un sistema nel quale il capo dello stato non è al vertice dell’esecutivo, ma vigila sulla leale collaborazione tra i diversi poteri e, come dimostra la nostra storia recente, interviene nei momenti di crisi. I tre poteri sono dunque distinti e dalla loro collaborazione dipende l’efficacia dell’azione statale.

Il sistema attuale si basa dunque su questo presupposto: tre poteri indipendenti e interconnessi che devono remare nella direzione indicata dalla costituzione. In Italia questi poteri sono la Pubblica amministrazione (che formalmente dipende dal governo, ma sappiamo che i ministri cambiano mentre i direttori generali restano), il legislativo (sempre più condizionato dal governo) e il giudiziario (i cui rapporti col governo non sono invece sempre dei migliori).

Pertanto, non si vede per quale motivo a Montesquieu non dovrebbe piacere la costituzione italiana vigente che, anzi, sembra riflettere il suo pensiero.

I patrioti che nel 1789 cantavano la marsigliese la pensavano invece in modo parzialmente diverso. Per loro la divisione dei poteri era d’ostacolo alla rivoluzione. La legge come espressione della volontà generale doveva essere rispettata senza esitazioni da tutti i cittadini, compresi i giudici e i pubblici funzionari. Al referendum costituzionale di novembre questi patrioti voterebbero molto probabilmente Si, in modo da permettere, in virtù del combinato disposto tra riforma elettorale e costituzionale, a chi vince le elezioni di dare la fiducia al governo, di approvare le leggi, di esprimere il Presidente della Repubblica e di nominare i due terzi della Corte costituzionale.

Per Scalfari, se vince il Si non ci sarà più la democrazia parlamentare: “Il controllo sarà esercitato soltanto dalla Magistratura, dalla Corte Costituzionale e, nell’ambito delle sue prerogative, dal capo dello Stato”. Ad eccezione della Magistratura si è però già detto che gli altri due poteri sarebbero sostanzialmente espressione della maggioranza politica. Non è detto sia male, di sicuro non è quello che vorrebbe Montesquieu.